3 febbraio 2010

Don Ingenuo

Oggi voglio raccontarvi una storia, una storia vera.
C'era una volta un prete di campagna, lo chiameremo don Ingenuo per la privacy. Questo prete era stato trasferito in un paesino della campagna umbra per sostituire il vecchio curato, non si sa se per punizione o per semplice sorte. Il paese era piccolo piccolo, c'era da fare tanto lavoro, perché doveva gestire almeno 4 parrocchie. Non c'erano tanti preti disposti a sottostare a queste condizioni. Forse nemmeno lui lo era, ma gli era toccata quella sorte (o punizione) e non aveva avuto scelta. La gente non lo vedeva di buon occhio, affezionata com'era al vecchio curato. E lui si era dovuto subito mostrare diverso da come era: un uomo pieno di energia e iniziative, un uomo moderno, colto e intelligente. La gente del paese, gente di campagna, contadini e artigiani, non volevano questo. Volevano un prete semplice, uno che parlasse della campagna e non filosofeggiasse su Dio e la Chiesa. Volevano un prete concreto che si occupasse della gente e dei loro problemi. C'era bisogno di aiuto, spirituale e fisico. Lui, allora giovane, che aveva vissuto nei lussi della curia, non sapeva da che parte iniziare. La perpetua lo aiutava. E la gente, maligna, cominciò a spargere voci. Si diceva che poi che il figlio (illegittimo) della perpetua fosse figlio suo. Ma solo Dio sa se sia vero. Il povero prete, tra incomprensione e fatica, piano piano cominciò ad ammalarsi, relegato in quella vita che non faceva per lui e che forse non avrebbe desiderato. Col solo conforto della sua fede non riusciva più a capire cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Solo qualche signora (di quelle più abbienti, proprietarie terriere) lo aiutava a restare sano di mente: lo invitava a pranzo la domenica e per le feste, lo invitava per il tè e organizzava riunioni spirituali. Però il tracollo era vicino. E il povero prete, fattosi ormai anziano, perse la testa quasi definitivamente. Un giorno l'idea si fece più chiara nella sua mente. C'era un solo modo per scappare da quella realtà che gli era sempre andata stretta. Missione. E chiese, implorò il Vescovo, che gli trovasse una missione in cui rifugiarsi per qualche mese. Il Vescovo capì. Non era certo una scelta spirituale, non era un desiderio di aiutare gli altri, ma la necessità di aiutare se stesso. Ma la carità cristiana si sa, è anche questo. E il Vescovo gli disse: vai e fai buon uso di ciò che hai imparato. E così don Ingenuo andò, pieno di speranza e curiosità. E rivisse. Andò in Brasile, in mezzo alla foresta amazzonica. Lì vide la povertà e la gioia. Lì capì che aveva sempre sbagliato. Capì che si poteva essere felici anche con niente. Lì si sentì vivo e utile e amato e apprezzato. Lì forse capì che non era il prete che voleva fare, ma voleva essere utile agli altri. Ma ormai era tardi per cambiare strada, poteva solo godersi quella sensazione di libertà e pace. Ritornò al paesello portandosi dietro il sole dell'amazzonia... e una donna con un bambino. Quella donna fu scandalo. Tutti dissero che non aveva perso il vizio. E forse no, non l'aveva perso. Ma a quell'età cosa poteva importargli? Forse si era innamorato di quella donna, ma di sicuro era amore platonico. Si era innamorato della sua voglia di vivere nonostante le difficoltà che aveva dovuto affrontare. Lui che non era riuscito ad affrontare le sue piccole difficoltà quotidiane. Era tornato al paese con la gioia di chi ha tutto! Pieno di entusiasmo come all'inizio. Aveva portato l'allegria del Brasile con sè: i colori, i profumi, i suoni... ma al solito nessuno l'aveva capito. Lui però imperterrito cercava di istruire quella gente ignorante di campagna, che non aveva mai visto niente al di fuori delle sue terre. Organizzò una grande festa, una Messa in stile missione, come quelle che teneva nella foresta amazzonica. Chiamò i missionari e fece venire i suoi amici brasiliani della missione. E nella piccola chiesa di campagna portò i suoni e il calore del Rio delle Amazzoni. Tra canti e balli, battere di mani e di piedi si intonavano grazie al Signore "Tu és, Senhor, o meu pastor, por isso nada em minha vida faltará"! Ma ancora una volta la gente non capì e seppe solo criticare. Scandalizzata dal comportamento di questo prete e da ciò che avveniva nelle missioni, lo relegò sempre più in un angolo e lo lasciò solo coi suoi progetti. Egli cercò sempre di più di vincere il male che lo attanagliava. Ma le voci, le chiacchiere, le malignità si sa, sono più forti di tutto. Ancora una volta toccò al Vescovo decidere per lui. Questa volta in modo definitivo. Lo prese da parte e gli spiegò che Dio aveva deciso che quella era la sua croce e non poteva più stare tra la sua gente, quella che nonostante tutto lui aveva imparato ad amare. Con le lacrime agli occhi salutò il paesello, la campagna e i suoi abitanti, le signore che avevano continuato a stargli vicine e la sua amica brasiliana che rimandò a casa. E con la morte nel cuore si diresse verso un monastero non meglio precisato, dove avrebbe potuto finire i suoi anni pregando Dio che lo perdonasse. Tornò qualche volta, avvolto nel mistero della sua nuova vita. Poi non tornò più, forse è morto, forse è ancora lì che si chiede quale sia stato il suo posto in questo mondo e lo scopo della sua vita. Addio don Ingenuo, io ho avuto pietà di te, e, seppur bambina, ti ho voluto bene.