24 dicembre 2009

Dolci storie di Natale

"Basta un poco di zucchero e la pillola va giù" intonava Mary Poppins che ne sapeva una più del diavolo! E mentre il buon Nino Manfredi "pe' ffà la vita meno amara" s'era comprato "na chitara", lei ci suggeriva piuttosto la via del gusto: se la vita è amara cosa c'è di meglio di un po' di zucchero per renderla più dolce? "Tutto brillerà di più!" Il senso astratto della parola "dolce" non deriva forse dal suo significato più pragmatico legato al sapore? Quindi è proprio lo zucchero che ci aiuta a superare i piccoli problemi della vita rendendola più "dolce".

Il periodo natalizio costringe ad una riflessione su quanto dolce sia la vita in questi giorni! Certo non ho abbandonato il mio pessimismo cosmico per un insensato ottimismo festivo! La dolcezza è dovuta alla quantità di zuccheri presenti nei cibi delle feste.
Non so se sia scientificamente provato che il dolce metta il buonumore, ma per esperienza mentre mangi un dolce dimentichi per un attimo tutti i problemi della vita e il mondo ti sembra subito più roseo! Chi mi conosce potrebbe obiettare che per una golosa cronica come me queste argomentazioni sono assai labili. Ed eccoci allora di nuovo a Mary Poppins e al suo - magari non propriamente scientifico - pensiero, che in senso più lato potrebbe essere: il calore e il colore (nonché il sapore) dei dolci rendono tutti un po' più spensierati.
In questo periodo natalizio i dolci si sprecano e tutt'Italia è impegnata a gareggiare con golosità che affondano le loro radici nella storia locale o nazionale. Io modestamente di dolci me ne intendo! E poiché ho girato un po' di Italia, ho deciso di raccontarvi il sapore dolce delle feste: l'essenza che rende le feste ancora più festose (o festive)!

No, non voglio soffermarmi a lungo sul pandoro di Verona e sul panettone di Milano, mi dispiace. Meritano però, per tradizione e diffusione una citazione. Questi dolci, per quanto tipici, hanno invaso talmente tanto le corsie dei nostri supermercati in mille varianti che ce n'è venuta a noia! Certo è che il prodotto artigianale, pandoro e panettone, ha tutt'altro sapore rispetto a quelli fatti in serie che troviamo nei supermercati. Ma che sapore ha? Se entriamo in pasticceria e cerchiamo questi dolci facciamo fatica a trovarli! Oggi leggevo su facebook lo stato di una mia amica che si chiedeva disperata "dove posso trovare lo stampo per il pandoro?" Lo stampo per il pandoro? Esiste qualcosa del genere? C'è ancora qualcuno che vorrebbe tentare di fare un pandoro in casa? Per quanto qui a Verona (dove attualmente vivo) sia venerato, nelle vetrine delle pasticcerie di questi tempi è molto difficile vedere un Pandoro - sì la P maiuscola è voluta - degno di questo nome.
Ma il dolce originale veronese era un altro, si chiama Nadalin ed è molto più simile a quei dolci tradizionali che in tutta Italia spopolano. Assomiglia un po' alla colomba pasquale, con le mandorle e lo zucchero a velo sopra, ha forma di stella (forse per associazione con la stella cometa?) ed è meno lievitato del pandoro, pur avendo più o meno gli stessi ingredienti, visto che è un suo antenato. Ammetto di non averlo ancora assaggiato, ma la sua storia antica incuriosisce: mentre il pandoro nasce alla fine dell'800, il Nadalin fu creato per celebrare il primo Natale (Natale, Nadal, Nadalin) successivo all'insediamento dei signori Della Scala in Verona, quindi nel 1260. Prometto di assaggiarlo quanto prima, visto che questo è anche il mio primo Natale veronese; la coincidenza è tale che non si può non assecondarla!

Io personalmente tra i due preferisco il panettone, perché - ebbene sì - adoro i canditi! Ah! Finalmente posso dirlo. Quegli odiati canditi che tutti tolgono, quelli che eliminano dai panettoni industriali, sostituendoli con creme al surrogato di cioccolata o al surrogato di limone... quei colorati coriandoli così dolci io li adoro!

Il panettone e il pandoro, pur affondando le loro radici nel nord Italia, non sono un'esclusiva delle zone di origine, ma ne esistono molte varianti in tutta la penisola, fino alla Sicilia! Un pasticciere siciliano mi ha raccontato che tradizionalmente il panettone si mangiava a Natale, mentre il pandoro a capodanno, perché il primo ha la forma tipica della grotta mentre il secondo dell'albero di Natale innevato. Non so se questo sia storicamente realistico, ma mi piace pensare che le storie popolari abbiano un fondo di verità.

In effetti in Liguria esiste un dolce che al panettone assomiglia un po', ma che per me è molto più buono! Il Pandolce genovese, che ho scoperto solo un paio di anni fa grazie ad un amico appunto genovese. Il pandolce è come un panettone, ma più basso e compatto. E anche molto più ricco: di frutta secca e candita. Con gli immancabili pinoli! La consistenza è piena e il sapore non è esageratamente dolce (non c'è zucchero nella pasta) ma molto sfaccettato grazie ai numerosi ingredienti che vi si trovano. Si dice che sia stato creato su richiesta del doge Andrea Doria nel '500 per i marinai: infatti è un dolce molto ricco e nutriente e a lunga conservazione. Non si mangia solo a Natale, e non nasce per questa occasione, ma, grazie alla somiglianza, estetica e di gusto, col panettone, viene spesso regalato per l'occasione!

Ma vi avevo promesso di non dilungarmi troppo sui noti pandoro e panettone. La mia personale tradizione familiare si riconduce al confine tra Umbria e Toscana, all'altezza della provincia senese. Se penso alla spensieratezza, ai dolci e alle feste di Natale, non posso non ricordare la mia cara nonna. Per anni lei e la sua enorme casa colonica nella campagna umbra sono state un rifugio alle intemperie della vita, un porto franco dove approdare per avere un po' di serenità. Durante le feste i dolci la facevano da padroni, che fossero fatti in casa o comperati. E noi bambini ovviamente ne gioivamo! Non c'era pasto che non finisse con un dolce e non c'era merenda che non finisse il dolce iniziato durante i pasti! Il sapore sofisticato dei dolci senesi si mescolava a quello più rustico dei dolci umbri.
Da Siena veniva immancabile il Panforte, dolce dalle tradizioni millenarie, e dal sapore intenso di miele e spezie. Questo dolce inizialmente si chiamava Panpepato, aveva una copertura di pepe nero, veniva preparato dagli speziali con prodotti costosissimi ed era riservato ai nobili. Il gusto così fortemente speziato disgustò probabilmente la regina Margherita, la quale ne fece fare una versione più simile a quella che conosciamo noi. Esiste tuttavia a Siena ancora il Panpepato che però è ricoperto di cannella, perciò per me immangiabile, vista la mia avversione per questa spezia!
Spesso sulla tavola della sala si trovava una scatola di Ricciarelli, regalati da qualche amico o parente. Il loro sapore, così simile alla pasta di mandorle, ma con una nota amara di fondo, era da me di gran lunga preferito a quello del panforte. Anche i ricciarelli hanno tradizioni nobili e antiche: furono introdotti nelle corti toscane da un senese che rientrava dalle crociate, perciò hanno origini orientali. Infatti il loro sapore zuccheroso e l'impasto di mandorle sono tipici del medio oriente, e ricordano vagamente le baklava greche e turche.
Infine immancabili i Cavallucci, il cui nome deriva forse dal fatto che venivano serviti nelle osterie cossiddette "dei cavallari", cioè di coloro che si occupavano di cavalli... si sa a Siena c'è una lunga tradizione di cavalli e cavallari! Me l'hanno insegnato i miei amici senesi e poi, avendo vissuto a Siena più di un anno non potevo non impararlo! I cavallucci hanno un sapore meraviglioso, molto sfaccettato: anice e noci sono gli ingredienti principali, oltre ai canditi e al miele. La consistenza è secca, fatta per durare a lungo, ma bisogna fare attenzione ai denti! Da bambini se ne faceva indigestione, perciò la nonna ce li proponeva con molta moderazione, nonostante a noi piacessero davvero molto.
I dolci umbri, sicuramente meno noti di quelli toscani, hanno origini più popolari e sapori più semplici, meno ricercati. Noi bambini andavamo matti per le Pinoccate (o Pinocchiate) perugine. Questi dolcetti prendono il loro buffo nome dai pinoli (pinocchi in perugino, ma anche in toscano: ricordate Pinocchio il burattino?) che sono la loro componente essenziale insieme allo zucchero marmorizzato. Sono di una dolcezza quasi disgustosa, ma ne mangerei cento perché ho una passione per i pinoli! Si dice (o meglio, è scritto sulle cartine che avvolgono i dolcetti uno a uno) che la loro forma a losanga e la loro confezione a caramella li rendessero perfetti da lanciare durante le giostre medievali. Ne esistono di due varianti: al limone e al cacao. Anche questa dicotomia di colori (bianco e nero) ci riporta alle tradizioni medievali e addirittura orientali. In effetti Perugia è un borgo fortificato medievale, perciò non è insolito che anche le tradizioni culinarie risalgano a quell'epoca.
Il dolce che più ricordo è il Serpentone, che la nonna preparava ogni Natale, spesso con il mio ausilio. Quest'ultimo in realtà era principalmente costituito dalla decorazione del dolce! Il serpentone ha origini laziali e non natalizie, infatti il suo nome deriva dall'oggetto di martirio (serpenti) di Sant'Anatolia che si festeggia il 10 Luglio. La nonna però era abituata a farlo per le feste e il sapore ottimo di mandorle tostate (principale e quasi unico ingrediente del dolce) ce lo faceva amare particolarmente. Anche la forma ci piaceva particolarmente: di serpente, o quasi di dinosauro con le mandorle piantate per dritto sulla coda e gli occhi rossi formati da due canditi.

Scendendo più a sud si trovano gli Struffoli napoletani, che però mia nonna faceva per Carnevale! Sono frittelle molto compatte ricoperte di miele. Estremamente golose! Sono preparati anche in Sicilia (dove si chiamano Strufoli, come li chiamavamo noi comunque) per Natale. Ah la Sicilia, la patria dei dolci! Nonostante questo le tipicità dolciarie sicule non sono prettamente natalizie. La Cassata per esempio è un dolce pasquale, anche se ne esiste una variante palermitana che viene preparata per Natale. I Cannoli invece sono più natalizi, anche se hanno perso queste caratteristica essendo diventati molto comuni tutto l'anno! Dolci però più tipici e meno noti sono il Buccellato, ciambella di pasta frolla ripiena delle solite cose, ovvero mandorle, nocciole, fichi secchi, marmellate ecc., e i Mustazzola, specie di biscotti a base di... indovinate un po'? Miele! Sì perché in realtà tutti questi dolci venivano anticamente preparati per essere conservati a lungo, perciò abbondavano di zucchero (conservante per eccellenza) e prodotti secchi o essiccati.

Dulcis in fundo (mai espressione fu più azzeccata!) vorrei parlarvi un po' dei dolci natalizi della "mia" Bologna. Due dolci sopra tutti: il Certosino e il Panone. Potremmo quasi definirle due varianti della stesso dolce: il primo più sofisticato e quindi cittadino, il secondo più semplice e perciò contadino. Infatti si dice che il Certosino fosse preparato in Bologna città, mentre nelle campagne si preparava il Panone, più secco e meno ricco. Il certosino (anche detto panspzièl, panspeziale o pan speciale!) ha origini medievali: anch'esso veniva preparato dagli speziali e perciò il suo sapore è molto simile a quello del panforte anche se più farinaceo. Più tardi i monaci della Certosa di San Girolamo di Casara (distrutta da Napoleone e sui cui resti fu poi costruito l'attuale cimitero di Bologna) si fecero carico della sua produzione e perciò divenne Certosino. E' un dolce molto ricco in cui si può trovare un po' tutto quello che era tradizionale all'epoca: miele, frutta candita, mandorle, cioccolato fondente, uvetta sultanina, pinoli, burro, semi di anice e cannella. Insomma un po' tutto quello che abbiamo visto negli altri dolci! In più si aggiunge la mostarda bolognese, ovvero una marmellata di mele cotogne che rende il sapore di questo dolce inconfondibile! Il panone si differenzia perché è più lievitato, simile appunto a un pane, e una volta conteneva quasi esclusivamente fichi secchi. Ora contiene principalmente uvetta, canditi e mandorle, oltre al miele, la mostarda e il cioccolato. La variante moderna è con pezzi di cioccolato interi, ma io preferisco sempre quella tradizionale. Tra i due il panone mi piace di più per semplicità e consistenza.

Questa carrellata non ha ovviamente la pretesa di essere esaustiva, molte regioni non sono state toccate perché non fanno parte del mio bagaglio culturale e mi sono limitata a darvi un'idea dei sapori che conosco e a cui sono affezionata.

A questo punto spero di avervi fatto venire un po' di gola e che vi fionderete nel negozio più tipico della vostra città a comprare un dolce natalizio pieno di storia e tradizione. Io lo farò di sicuro, ho una fame!

(NB: questo articolo è stato pubblicato sul mensile online di cultura mediterranea http://www.mediterraneaonline.eu/it/)